Coordinate operative per il volontariato pastorale
Una giornata full immersion con padre Arnaldo Pangrazzi. Il
religioso camilliano, che ha accumulato una lunga esperienza di insegnamento e
di pratica pastorale nell’ambito sanitario in vari contesti (italiani e
internazionali), attualmente cappellano presso l’Antea hospice di Roma, sabato
29 gennaio nel teatrino della parrocchia S. Giuseppe lavoratore di Fabriano ha
guidato le due sessioni (mattino / pomeriggio) della seconda tappa del Corso di
Formazione al Volontariato Pastorale. La mattinata è stata caratterizzata da
una riflessione sulla parabola del buon Samaritano, icona biblica della
pastorale della salute, con momenti di interazione e di confronto attraverso
lavori di gruppo dei corsisti. Nel pomeriggio padre Arnaldo ha focalizzato il
suo intervento sulla relazione di aiuto rivolta ai malati, seguendo sempre la
metodologia di alternanza tra parti catechetiche di ascolto e fasi di
elaborazione personalizzata e di interazione attraverso lavori di gruppo.
Particolare attenzione è stata data al cosiddetto “mosaico relazionale”,
composto dalle varie dimensioni in cui è coinvolta l’esperienza umana: dimensione
fisica, mentale, sociale, emotiva e spirituale. Si è inoltre presa in analisi
la scala dei bisogni umani: bisogni fisiologici, di sicurezza, di amore e di
appartenenza, di stima e di autorealizzazione. Quindi si è riflettuto sulle varie
motivazioni che generalmente spingono alla decisione di coinvolgersi in un
servizio di volontariato pastorale (motivazioni sociali, religiose, personali,
di autorealizzazione, esistenziali) e sulla necessità di potenziare e
purificare la gamma delle motivazioni. Essere volontari, ci ha ricordato il
religioso camilliano, significa essere farmaci accanto a chi soffre, essere
portatori ed educatori di speranza. Tutto ciò però non si improvvisa, per
questo occorre che nel volontario si sviluppino quattro competenze specifiche:
competenza umana, competenza relazionale, competenza emotiva, competenza
spirituale. Una particolare sottolineatura è stata data alla competenza
emotiva, poiché nella relazione di aiuto spesso si incontrano le maggiori difficoltà
proprio nella gestione delle emozioni e nell’accompagnamento dei sentimenti
dell’ammalato, che richiede il sapere gestire anche le proprie vulnerabilità
emotive. Infine si è riflettuto sulle modalità con cui deve essere condotto un
dialogo con una persona malata, caratterizzato dall’ascolto empatico. Padre
Arnaldo ci ha fatto dono della sua esperienza e competenza che ci ha trasmesso
con impareggiabile maestria e carica umana. Gli siamo molto grati per averci
dato la sua disponibilità con grande abnegazione e sacrificio, appena dopo una
settimana essere uscito fuori dal contagio omicron, che lo aveva costretto a
restare in stato di isolamento domiciliare per più di venti giorni. Tutti noi
abbiamo potuto ammirare nel suo servizio la realizzazione pratica di ciò che San
Camillo De Lellis – il fondatore
dell’ordine religioso a cui appartiene – soleva spesso ripetere ai suoi
discepoli mentre li istruiva alla carità verso gli ammalati: “più cuore in
quelle mani”.
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