Per una Pasqua di risurrezione e di vita
Il mistero pasquale della morte e
risurrezione di Cristo Gesù è il nucleo fondamentale di tutto l’anno liturgico.
Anche quest’anno la Pasqua è giunta in tempo di pandemia, con tutto il carico
di disagio e sofferenza che ne consegue. Ci sono evidenti motivi per essere
preoccupati. L’Ospedale costretto a rimodellarsi per far fronte all’ennesima
ondata di contagi e fornire quindi posti letto per accogliere pazienti Covid,
con conseguente rallentamento delle attività chirurgico terapeutiche rivolte a
pazienti con altre patologie. Il coronavirus, oltre a causare morti e bisogni
terapeutici specifici, contribuisce anche a rallentare i percorsi terapeutici
per persone affette da altre patologie ed è perciò causa anche di morte
indiretta. Oltre a questo bisogna poi considerare la ricaduta psicologica che
il protrarsi dell’emergenza pandemica provoca nella popolazione per via delle
limitazioni e restrizioni imposte a livello sociale, nella scuola, nel lavoro,
nel tempo libero, ecc. La salute pubblica è messa a dura prova, gli Ospedali di
tutta la Regione Marche (e in generale di tutta l’Italia) sono saturi, il
personale medico e infermieristico, che scarseggia, è sottoposto a forte pressione
psico-fisica ed è in perenne affanno. Ormai non ha più senso parlare di
Ospedale Covid-free e non serve sollevare polemiche su questo punto in un
momento in cui tutti siamo chiamati a fare la nostra parte responsabilmente. Si
spera solo che si ritorni seriamente a investire sulla sanità pubblica, dopo
decenni di tagli finanziari e sottrazioni di servizi, ristrutturando e
potenziando i presidi ospedalieri, senza lasciare sguarnito l’entroterra.
Inoltre occorre creare una efficiente rete di medicina territoriale che appare
anch’essa ancora carente e poco integrata.
Ciò che personalmente più mi
preoccupa in questo momento è però l’impatto che l’emergenza Covid-19 sta
avendo a livello demografico. Secondo alcuni recenti dati Istat in Italia i
decessi nel 2020 sono aumentati del 17,6% (quasi 112.000 in più rispetto al
2019), mentre le nascite sono diminuite del 3,8 % (quasi 16.000 in meno
rispetto al 2019). Lo scorso anno la popolazione italiana residente è diminuita
dello 0,6%, circa 384.000 persone in meno (pari a una città come Firenze). Da
considerare inoltre che il 2019 era già stato un anno record per denatalità e
morti, quindi il dato del 2020 è ancora più preoccupante e non mi sembra che
questo anno in corso sia più incoraggiante rispetto a quello passato. Lo
spopolamento è evidente anche nella città di Fabriano, dove ormai i residenti
sono scesi sotto ai 30.000 abitanti ed è dal 2013 che si assiste a un
inesorabile trend negativo. Se il Punto Nascita dovesse ritrovare la sua
collocazione nell’Ospedale “E. Profili” ciò sicuramente sarebbe una bella
notizia e tutti speriamo che alla fine la notizia diventi anche un fatto.
Tuttavia sembra che la pandemia stia favorendo la pratica abortiva,
specialmente tra le donne che avevano già avuto delle maternità, ma che
scoraggiate dalla situazione di crisi generale non se la sentono di accogliere
altri figli. Verrebbe da chiedersi quanto sia davvero applicata la Legge
194/1978 che regola le interruzioni di gravidanza. A questo proposito giova
ricordare che il titolo della legge è il seguente: “Norme per la tutela sociale
della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza”. Quindi,
stando al titolo, la tutela sociale della maternità dovrebbe essere prioritaria
rispetto all'interruzione volontaria della gravidanza, che invece è diventata l’accezione
predominante della legge. Una traccia dell’ipotetica tutela sociale della
maternità prevista dalla L. 194 la si trova per esempio negli articoli 4 e 5,
dove si dice che la donna si può rivolgere ad un consultorio familiare per
avere un valido sostegno anche nell'ipotesi di portare avanti la gravidanza. Un
riferimento importante in proposito lo si trova anche prima, nell'articolo 2, al
paragrafo d), dove, tra l’altro, è prevista una forma di collaborazione con le
associazioni di volontariato di promozione della vita, infatti così è scritto: “I
consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo
restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di
gravidanza, contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la
donna all'interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi
regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge,
della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di
associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile
dopo la nascita”. Purtroppo però queste componenti legislative sono rimaste
lettera morta e la legge ha invece favorito la deriva abortista. Personalmente
non sono al corrente se in città ci sia o meno un Consultorio familiare attivo
e quali componenti vi operino, se per esempio vi operi anche qualche
associazione di volontariato cattolico che promuove l’accoglienza della vita.
Ritengo che se vogliamo far tornare un po’ di vita nella nostra società
dovremmo esserne tutti quanti promotori ad ogni livello. Quindi ben venga, o
meglio, ben ritorni il Punto Vita in Ospedale, ma se vogliamo fare incrementare
le nascite e quindi garantire un futuro al Punto Vita ritornato alla sua sede occorre
che si promuova anche un ritorno alla cultura della vita e non della morte.
Però mi pare che ultimamente di canti – anche se San Remo è finito da un pezzo
(e i più critici direbbero che è finito proprio male) – se ne stiano facendo
più per la cosiddetta transomofobia, che ancora non si è capito cosa sia,
piuttosto che per il ritorno della vita nella nostra società. È vero che la
nostra fede pasquale in fondo nasce da un sepolcro vuoto da dove è risorto
Colui che è venuto a darci vita e a darcela in abbondanza, ma le culle vuote
sono un’altra cosa, meglio vederle occupate… anche perché in cielo c’è posto
per tutti.
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