Il servizio agli infermi sull'esempio di San Camillo

Siamo ormai prossimi alla memoria liturgica di San Camillo de Lellis, un santo che ha testimoniato in modo eroico la carità verso gli infermi e che finì i suoi giorni terreni il 14 luglio 1614 a Roma, all'età di 64 anni. I suoi resti mortali sono conservati nella chiesa di Santa Maria Maddalena, in prossimità del Pantheon (vedi foto). In questi giorni sono andato a rileggermi i punti salienti della sua vita e non finisco di stupirmi su come Dio porti avanti i suoi piani servendosi di uomini che apparentemente sembrerebbero inadatti. San Camillo stesso era consapevole di ciò, tanto che nel suo testamento, vergato di suo pugno pochi giorni prima della sua morte, rivolgendosi ai suoi "amatissimi padri e fratelli in Cristo", appartenenti all'Ordine religioso da lui fondato, così scriveva: "Ho detto che questa fondazione è un evidente miracolo di Dio: in particolare che si sia servito di me, gran peccatore, ignorante, pieno di tanti difetti e mancanze, degno di mille inferni. Ma Dio è il padrone, può far quello che gli piace ed è fatto infinitamente bene. Nessuno si stupisca né che Dio abbia operato per mezzo di un tale strumento, dato che è maggior gloria sua fare cose ammirevoli servendosi di un nulla come me". Il santo protettore degli operatori sanitari e degli ammalati (patronato condiviso con San Giovanni di Dio) da giovane condusse una vita randagia e immersa nel vizio, finché non si convertì in occasione di una breve esperienza lavorativa nel convento dei Cappuccini a San Giovanni Rotondo (fu ospitato nella stessa celletta che secoli dopo sarebbe diventata quella dove alloggiò un altro grande santo, San Pio da Pietrelcina), grazie ad un provvidenziale dialogo spirituale che ebbe con padre Angelo, il guardiano del convento. Camillo avrebbe voluto per questo diventare Cappuccino e in effetti indosserà il saio francescano per un certo periodo, ma il ruvido panno dell'abito religioso gli riaprì una vecchia piaga al piede destro, per cui dovette tornare a farsi medicare nell'Ospedale di San Giacomo degli Incurabili a Roma (dove era già stato negli anni precedenti). Fu proprio a causa di questa sua ulcera alla caviglia che egli dovette desistere dal continuare la vita religiosa cappuccina e che scoprì il mondo degli ammalati, verso i quali avrebbe poi consacrato tutta la sua esistenza e le sue energie e infatti alla fine così disse: “Poiché Dio non mi ha voluto cappuccino, né in quello stato di penitenza, dove desideravo tanto stare e morire, è segno che mi vuole qui al servizio di questi suoi poveri infermi”. A questo punto il santo nativo di Bucchianico (un paesino abruzzese vicino Chieti) cominciò a formare un gruppo di uomini pii istruendoli al servizio agli ammalati e a frequentare gli studi teologici dai Gesuiti presso il Collegio Romano. Ai suoi seguaci Camillo raccomandava di prendersi cura degli ammalati "con la maggior diligenza possibile, con l'affetto di una madre verso il suo unico figlio infermo e guardando il povero come la persona di Cristo". Nel 1584, a 34 anni, venne ordinato sacerdote in San Giovanni in Laterano e nel 1586 Papa Sisto V approvava la 'Compagnia dei Ministri degli Infermi' (Camillo insieme ad altri 25 compagni), concedendo loro il permesso di indossare l’abito nero come i Chierici Regolari, ma con il privilegio di una croce di panno rosso posta sul petto, come espressione della Redenzione operata dal dono del Preziosissimo Sangue di Cristo. La nuova fondazione religiosa sarebbe stata in seguito elevata dal rango di Compagnia a quello di Ordine religioso da Papa Gregorio XIV l'8 dicembre 1591. Nasceva così l'Ordine dei 'Ministri degli Infermi', poi meglio conosciuti come 'Camilliani', che nella pratica della carità verso gli ammalati stabilirono questo paradigma pastorale: "il corpo prima dell’anima, il corpo per l’anima, l’uno e l’altra per Iddio".     

Il carisma camilliano continua oggi a donarsi a noi attraverso il servizio di tanti religiosi sparsi in tutto il mondo. Lo scorso mese di febbraio, in occasione della XXVIII Giornata Mondiale del Malato, venne a farci visita a Fabriano padre Arnaldo Pangrazzi, che ci diede la sua bella testimonianza. Voglio ora invece proporvi la lettura di un'interessante meditazione di un altro religioso camilliano, padre Luciano Sandrin, offerta in occasione della Giornata della Fraternità post-covid dei Camilliani della Provincia Nord Italiana nel Centro Camilliano di Verona. Il tema trattato è molto attuale, in quanto riguarda il nuovo modo di farsi prossimo in tempo di distanziamento sociale. Per leggere basta cliccare il link sotto:

Luciano Sandrin – “Voci dal Covid19”: Verso una nuova prossimità?


Cappella di S. Camillo, Chiesa S. Maria Maddalena, Roma

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